martedì, Maggio 14, 2024
Storia

LE ORIGINE DEL NOME “SERRAVALLE” E NOTIZIE STORICHE CIRCA LA NASCITA E L’UBICAZIONE DEL PAESE – Parte Terza –

Le origini del nome “Serravalle” e notizie storiche circa la nascita e l’ubicazione del paese

Per quanto riguarda Serravalle, il Malagù è dell’idea che il paese sia sorto nel luogo ove attualmente sorge la villa dei conti Giglioli. È certo che un borgo di pescatori ed agricoltori deve essersi formato proprio su parte di quel territorio del quale i Giglioli, a metà del XV secolo, ebbero l’investitura come conti di Serravalle, e dove essi in seguito eressero la loro dimora. Zona questa vicina al Po di Goro, di fronte all’abitato di Santa Maria in Punta. Le case di quel borgo, come degli altri sparsi lungo la lingua di terra compresa fra il Po ed il Canal Bianco, erano sicuramente dei tuguri, costruiti di canna e fango, con tetto di paglia e, solo in rari casi, con un portichetto antistante al corpo principale.

Tuttavia per quanto riguarda l’attuale centro del paese, è bene soffermarsi un attimo per esaminare alcuni punti significativi che in parte divergono da quanto afferma il Malagù.

Nelle carte del Penna, specialmente le due che abbiamo pubblicato sotto i numeri 2 e 3 “Punta del Po d’Ariano col Po delle Fornaci sino alla confina veneta” e “II Po delle Fornaci e quello d’Ariano col taglio detto Contarino, principiato e non perfetto l’anno 1647”, si ha una visione sufficientemente chiara della zona serravallese nel periodo della seconda metà del secolo XVII. Anzitutto si nota un piccolo agglomerato urbano, con la chiesa e due stradoni, l’uno detto “stradone di Serravalle”, l’altro chiamato “strada del Conte del Zaffo”, che unisce il Canai Bianco all’altezza del Fienilone, allora chiamato “Cascina del Contarino”, coll’arginatura a Po della “Tenuta Contarino”. Le denominazioni riportate si riferiscono al più grande possedimento denominato appunto “Tenuta Contarino”, confinante a est con la chiesa e con lo “stradone di Serravalle”. Il nome “Contarino” deriva dal cognome dell’antica famiglia veneta dei Contarini. Per capire il perché fossero proprietari di tanto terreno nel territorio serravallese sotto il Ducato di Ferrara, bisogna risalire al 1559, anno in cui il duca Ercole II raggiunse la copertura finanziaria per la bonifica del Polesine di Ferrara, le cui condizioni idraulico-territoriali si erano aggravate a causa delle rotte del Po e dell’incuria dei terreni situati in prossimità del fiume. Estremamente vasto, il territorio del Polesine ferrarese presentava notevoli problemi per una bonifica integrale anche se procrastinata nel tempo. Nel 1564 si affidò l’esecuzione del progetto di bonifica al padovano Isidoro Portello, che assicurava di raggiungere lo scopo utilizzando molti uomini, ingaggiati anche in altri territori, per un periodo di quattro anni a partire dal 26 luglio 1564, data dello strumento di convenzione stipulato fra il Duca ed il Portello. Però, ad un solo anno di distanza il padovano declinò l’impegno abbandonandolo per insufficienza di mezzi e decadendo quindi dalla concessione. Subentrò al Portello il ferrarese Nicolo Estense-Tassoni, il quale si mise subito all’opera coadiuvato dal sostegno finanziario di una società di banchieri toscani: i Seminiati, i Malpighi, i Cunigi e i Bonvisi di Lucca. Con convenzione del 3 dicembre 1565 il conte Nicolò cedette un terzo dei diritti spettantigli per la bonifica del territorio ai fratelli Contarini, conti del Zaffo, e ad altri gentiluomini veneziani (Foscari), a cui s’unirono, in seguito, un altro Seminiati ed alcuni nobili lucchesi.

Bonificato il territorio, i Contarini vi si insediarono, resero produttivi i terreni lasciati incolti, costruirono cascinali, fienili, canali, aprirono le prime vie di comunicazione. Per i loro meriti, i Contarini divennero proprietari di un terzo dei territorii bonificati, come prevedeva la convenzione. La bonificazione del territorio portò di conseguenza un incremento della popolazione, un maggior sfruttamento del terreno, il bisogno di salvaguardare la zona dalle rotte del Po con arginature più consistenti, l’incremento della attività edilizia per, quanto ancora limitata alle sole costruzioni agricole. Col passare degli anni, le case più vecchie, vennero demolite; altre, come il cascinale Contarino a ridosso dell’argine del Po, furono probabilmente abbattute per lasciare il posto agli imponenti lavori (poi abbandonati) per il taglio – detto Contarino – che avrebbe dovuto convogliare in modo più razionale le acque del Po Grande nel ramo del Po d’Ariano, ora Po di Goro.

Altre case rimasero e vennero successivamente ampliate e rimodernate. Nuovi edifìci si aggiunsero a quelli già esistenti dopo le opere di bonifica del ‘500, dando una solida configurazione alla struttura del paese, per cui si può affermare che il centro ha almeno 400 anni di vita ed è chiamato col nome di serravalle, mentre il borgo di Ponte Giglioli avrebbe svolto un ruolo subordinato, gravitando per gran parte ancora verso il centro di Ariano e tenendosi in contatto con quello di Santa Maria.

Più popolato, servito da strade e vicino agli antichissimi borghi della Trombona, Serravalle aveva il suo centro religioso già alla fine del 1500 nel sacro edifìcio costruito per volontà del conte Alessandro Giglioli, il quale aveva terreni e diritti di “decima” su una vasta zona che lo vedeva diretto dirimpettaio dei Contarini. Un certo antagonismo deve esserci stato, come sempre fra ferraresi e veneziani, e deve aver portato il Giglioli all’iniziativa della costruzione del tempio che avrebbe garantito agli abitanti del luogo una sicura vita religiosa, nonché un legame di riconoscenza alla nobile famiglia ferrarese.

È da dire che, solo con l’erezione del tempio, Serravalle diventa un centro di più vasti ed organici interessi, e ci sembra ormai fin troppo scontato affermare che esso rispecchia pienamente il tipico caso del villaggio ferrarese; alcune possessioni con cortili rustici ed edifìci relativi, chiesa che sorge al centro del villaggio su una zona più alta, ampio sagrato, stradoni che collegano il centro alle possessioni e al Po. Nel 1639 papa Urbano Vili, per sollecitazione dei Giglioli, elevò ad abbazia la chiesa, ma è solo nel 1858, dopo lunghissime trattative, che il tempio si vede riconosciuta la dignità di parrocchia abbaziale. L’oratorio della famiglia Giglioli, adiacente alla villa, è sempre stato privato, e venne solo di rado usato dai cappellani e dagli abati-parroci in occasione e circostanze del tutto particolari, come vedremo più avanti nella parte seconda.

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