sabato, Luglio 27, 2024
Storia

INQUADRAMENTO STORICO-AMMINISTRATIVO – Parte Seconda –

INQUADRAMENTO STORICO-AMMINISTRATIVO

Un particolare da notare è il fatto che l’ordinamento di cui sopra continuò ad esistere anche alla data del 30 gennaio 1801, epoca in cui fu costituita la Repubblica Cisalpina – dopo il breve intervallo (22 maggio 1799 / 20 gennaio 1801) di reggenza del governo austriaco. Proprio in questo periodo cominciò a serpeggiare un diffuso malcontento fra la gente a causa delle grandi, spropositate contribuzioni cui erano sottoposti i cittadini. Quando sembrò ormai imminente la calata dei Tedeschi, comandati da Mèlas, il malcontento sfociò in aperta e incontenibile ribellione. Già ad Ariano (31/3/1799) gli “insorgenti”, come vennero chiamati i rivoltosi, non esitarono a sfidare il potere costituito, in parte guidati da Valeriane Chiarati, mugnaio di Cologna. Ma fu un inutile sacrificio. Ogni torbido, ogni complotto smascherato, ogni sospetto fondato o infondato che fosse, fu occasione di spieiate e feroci repressioni. Per consolidare il potere e la “calma” ritrovata si imposero taglie assai gravose, soprattutto ai benestanti C0). Il Regno Italico successe, quindi, alla Repubblica Cisalpina sotto lo scettro di Napoleone, che promulgò un nuovo riordinamento del territorio definendo le attribuzioni delle magistrature. Il riconoscimento di una certa autonomia locale lo si ha con il “Decreto 8 giugno 1805 sull’amministrazione pubblica e sul comparto territoriale del Regno” col quale si stabiliva che nei comuni vi fosse un consiglio eletto della popolazione ed una municipalità scelta fra i cittadini del comune e composta numericamente in modo vario secondo l’entità della popolazione. Berra e Serravalle formavano un comune a parte nel Cantone di Codigoro.

“Nel 1809, nei disordini delle varie guerre, parecchi paesi del Ferrarese e del Basso Veneto si ammutinarono e si formò un vero brigantaggio che scorazzava qua e là imponendo taglie e commettendo saccheggi. Parte di questo brigantaggio faceva quartiere a Papozze e parte a Taglio di Po, diretto da capi di fama criminosa; questi briganti tentarono di prendere Mesola, ma l’intervento energico di quegli abitano sventò il terribile eccidio e i briganti si sfogarono su Massenzatica rovinando ed incendiando case e cascinali”.

Nel giugno del 1815, sul campo di Waterloo, si spegneva per sempre l’astro napoleonico. Iniziò così l’età della Restaurazione, compresa fra il 1815 e il 1830, la cui peculiare caratteristica fu il tentativo dei governi assoluti e delle aristocrazie di riaffermare i princìpi etici e politici offuscati e travolti dalla rivoluzione francese e dallo stesso Napoleone. Il Congresso di Vienna stabilì pertanto il ritorno della penisola italica agli antichi regimi, ad eccezione delle repubbliche di Venezia e di Genova, e ciò a favore dell’Austria che, per bocca del suo ministro Metternich, considerava l’Italia una pura “espressione geografica”.

Lo stato pontificio in base alla sistemazione data dal Congresso perdeva il territorio di Avignone, “conservava i suoi confini tradizionali e riconosceva all’Austria il diritto di tenere guarnigioni nelle cittadelle di Ferrara e di Comacchio”.

Il governo provvisorio d’Austria abolì con un decreto datato 19 febbraio 1814 la Costituzione dell’8 giugno 1805 ed in Copparo si provvide a concentrare tutti i comuni del territorio. La restaurazione formale del governo pontificio vide salire alla ribalta il cardinale segretario di stato Consalvi; da un suo editto del 26/11/1817 è possibile rilevare come in quell’epoca Cologna, con Berra e Serravalle, contasse in tutto 1909 abitanti.

Erano le nostre, zone ancora in gran parte arretrate nonostante lo stato pontificio avesse tentato più volte interventi per la redenzione economica e spirituale. Moltissimi ettari di terreno erano ancora incolti, e ben a poco valse il “motu proprio” di papa Pio VII che, nel 1817, modificava le circoscrizioni idrauliche di tutto lo stato della Chiesa: ma l’anomala situazione idraulica del territorio ferrarese orientale non invogliava certamente a nuovi insediamenti o all’incremento di quelli già esistenti. Aggiungavisi inoltre la grande arretratezza culturale e la mancanza pressocché totale di vie di comunicazione facili ed agevoli e si capisce subito come tutto questo influisse negativamente pure sullo sviluppo demografico. Ciò nonostante, una certa coscienza politica e il desiderio di raggiungere una duratura stabilità economica e, non ultima, la libertà (necessità questa resa più impellente dopo i processi di Rubiera e le condanne del Rivarola), portarono all’insurrezione del febbraio 1831 nell’Italia centrale. Dopo Bologna e Ferrara, senza alcun spargimento di sangue i fermenti divennero realtà pure in Copparo dove apparvero fin dal 9 febbraio coccarde e bandiere tricolori. Ma l’intervento armato dell’Austria poneva fine a questo primo tentativo di redenzione, troncando sul nascere ogni generosa e spontanea iniziativa. Per ordine del Generale di Frimont, il Maresciallo di Bentheim occupava il 6 marzo Ferrara e ristabiliva il governo di Gregorio XVI.

Dopo l’elezione al soglio di Pietro di papa Pio IX (giugno 1846) e le sue prime concessioni riformatrici, sembrò che la soluzione del problema italiano potesse ricercarsi nella politica dei moderati neoguelfi e monarchici. Infatti, cautamente, anche il granduca di Toscana e lo stesso re sabaudo Carlo Alberto avevano tentato di arginare, con alcune concessioni, le dimostrazioni popolari di malcontento e l’ormai inarrestabile insorgente crisi sociale derivante dalle frequenti prese di posizione di una opinione pubblica sempre più attenta ai princìpi liberali e pronta a chiedere, anche con la forza, concrete riforme amministrative e politiche.

Il Metternich nel luglio del ’47, visto che la situazione stava per sfuggirgli di mano, tentò un gesto di forza per intimorire i liberali, ed occupò la cittadella di Ferrara con un reparto austriaco. Nell’agosto l’occupazione si estese a tutta la città. Il Papa protestò energicamente; e con lui Carlo Alberto e gli stessi Inglesi per bocca del Palmerston. Così l’Austria si convinse che in un clima talmente arroventato era giocoforza limitarsi alla sola occupazione della città di Ferrara. Ma i germi della rivolta ebbero modo di svilupparsi; il desiderio dell’indipendenza e della libertà, la coscienza dei loro inalienabili diritti poneva le masse pronte a recepire le grandi idee, sfociate nel generale corso rivoluzionario del 1848.

Ma le condizioni generali di paesi come Serravalle posti a grandi distanze dai grossi centri, e privi di adeguati servizi, rendevano oltremodo precaria la situazione in campo sociale ed economico dell’intera popolazione. Alla grande arretratezza culturale s’aggiungevano anche la precarietà del servizio sanitario, le scarse conoscenze delle norme igieniche, abitazioni malsane, un’alimentazione inadeguata. Nell’estate del 1855 scoppia il colèra. Nel solo territorio del Governo di Copparo i decessi presto salgono a 610. A Serravalle si limitano al numero di 11, dal 3 agosto al 27 ottobre.

Nel 1859 la seconda guerra d’indipendenza portò alla formazione del Regno d’Italia, ma non senza lotte e contributo altissimo di sangue. La pace di Villafranca (11/7/1859) interruppe la vittoriosa campagna per la liberazione del Veneto dal dominio austriaco e rese oltremodo precaria la situazione di gran parte dell’Italia centrale, lasciata in balla degli insorti, cioè di quei patrioti che si erano levati al grido di libertà allo scoppio della guerra contro gli austriaci, cacciando i sovrani dai ducati di Parma e Piacenza, Modena e dal Granducato di Toscana.

Poco dopo il 9 giugno 1859 insorgevano pure le popolazioni delle legazioni pontificie di Bologna e Ferrara: i Governi Provvisori costituitisi negli ex ducati e nelle ex legazioni rivolsero al Cavour e al re Vittorio Emanuele un appello per far conoscere le loro intenzioni di annessione al Regno d’Italia. Prese la guida dei ducati Luigi Carlo Farini che presentò al re Vittorio Emanuele l’atto di sottomissione dell’Emilia al Piemonte, a Torino, il 18 marzo 1860 in base alle risultanze dei plebisciti con i quali le popolazioni avevano espresso la volontà della annessione. Contemporaneamente Nizza e la Savoia passavano alla Francia.

Il 27 dicembre 1859 il dittatore Farini aveva proceduto al riordino delle circoscrizioni amministrative emiliane. Tutte le frazioni indicate nell’Editto del cardinal Consalvi furono riunite in un unico comune con sede in Copparo, ferme restando le quattro delegazioni di Copparo, Sabbioncello, Guarda, Cologna (cui vennero annesse Berra e Serravalle).

E dopo neppure un anno dalla data del decreto 27/12/1859 del Farini, dodici frazioni del Comune di Copparo indirizzarono al re le domande per essere costituite in tre distinti comuni. Su tali domande il Consiglio provinciale, riunito in seduta il giorno 16 ottobre 1860, espresse parere favorevole. Il Ministero competente ritornò le domande alla Prefettura ferrarese perché le facesse approvare dal Consiglio comunale di Copparo, il quale il 27 giugno e il 9 luglio 1862 espresse a sua volta parere favorevole alla costituzione in tre distinti comuni delle dodici frazioni (con 11 voti favorevoli e 4 contrari per la costituzione del Comune di Berra con le frazioni di Serravalle e Cologna – si veda al proposito anche la deliberazione definitiva del 21 marzo 1884).

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